Le due anime del Romanticismo: hausmusik e anelito alla forma sinfonica

Lunedì 7 maggio 2012 Teatro Manzoni – ore 20.30

JOSHUA BELL violino

JEREMY DENK pianoforte

Franz Schubert Sonatina in la minore D385

Edvard Grieg Seconda sonata in sol maggiore op. 13

César Frank Sonata in la maggiore

Le due anime del Romanticismo: hausmusik e anelito alla forma sinfonica

di Sara Bacchini

Il 1814 fu un anno particolarmente importante nella vita di Franz Schubert. Ebbe luogo a Vienna un avvenimento di rilievo, la rappresentazione del Fidelio di Beethoven – per assistere alla quale, si racconta, egli vendette i suoi libri di scuola – ma fu anche costretto, nel medesimo anno, ad iniziare l’attività di maestro nella scuola diretta dal padre, nella quale rimase fino al 1818.

In questi anni di ingrato lavoro pedagogico, per il quale Schubert non nutriva alcun interesse, egli si dedicò con fervore alla composizione e fu tra i periodi più fecondi della sua vita di compositore. Prima della fine del 1816 aveva già composto cinque sinfonie, quattro messe e quattro opere teatrali, ma soprattutto aveva trovato la sua strada nella forma a lui più congeniale, il Lied, tanto caro al mondo musicale tedesco.

La Sonatina il la minore D385 appartiene a questi anni e risale infatti al 1816, anno in cui Schubert, aspirando a diventare direttore della Scuola di Musica, lasciò definitivamente l’insegnamento. Opera per violino e pianoforte che presenta tutte le caratteristiche di un pezzo composto occasionalmente, sembra appartenere per stile e forma al secolo precedente, quasi fosse una pagina mozartiana.

Il primo tempo, Allegro Moderato, è in forma tripartita e si apre con il tema enunciato dal pianoforte solo, al quale fa eco prontamente il violino con un inciso di analoga figurazione ritmica ma diverso nell’andamento melodico. I due strumenti dialogano amabilmente, attraversando sonorità a volte delicate a volte forti ed energiche fino a quando il pianoforte, con un motivo in modo maggiore, ristabilisce di nuovo la pace.

La melodia è semplice e lineare, caratterizzata dalla simultaneità del ritmo binario della parte cantabile e del ritmo ternario dell’accompagnamento, stratagemma musicale che crea un gradevole effetto di slittamento continuo. Un passaggio più concitato conduce all’inizio della seconda parte, che si apre con un disegno cromatico eseguito simultaneamente dai due strumenti ma in direzioni opposte: qualche battuta di collegamento introduce alla ripresa del primo motivo, cui fanno seguito, in una nuova tonalità, gli stessi incisi che hanno caratterizzato la prima parte.

Il successivo Andante, è un gradevole esempio di secondo tempo di Sonata classica: il clima è sereno e contemplativo e la melodia, cantabile e dolcemente intima, viene eseguita ora dall’uno ora dall’altro strumento, in un’armonia priva di qualsiasi antagonismo. Un breve Minuetto, elegante e grazioso, conduce al clima più brioso in cui si inserisce l’Allegro finale, il cui tema viene esposto dal violino, mentre il pianoforte accompagna con brevi arpeggi. Il secondo tema viene invece presentato dal pianoforte solo: il violino tace per riprendere la parola nella ripetizione dell’inciso, in cui i due strumenti procedono all’unisono. Una breve coda, costruita parafrasando il primo motivo, chiude la sonatina e il dialogo tra i due strumenti.

A partire dalla seconda metà dell’Ottocento il genere del repertorio cameristico della sonata per violino e pianoforte assume un ruolo sempre più marcato e specifico grazie alla presenza sempre più radicata, nell’Europa centrale e del nord, della cosiddetta Hausmusik, musica che veniva suonata – quasi sempre da interpreti dilettanti – all’interno dei nuclei familiari. Tempi in cui, in molte abitazioni, si potevano trovare almeno un pianoforte o un violino, per cui non c’è da stupirsi se la letteratura di questo genere musicale fu molto feconda nei decenni che precedono l’affacciarsi del Novecento. Ad essa appartiene la Sonata n. 2 in sol maggiore op. 13 di Grieg, che risale al 1867.

Tra i compositori del XIX secolo che la storiografia musicale include nella categoria delle Scuole Nazionali, Grieg è quello per il quale si può più a buon diritto parlare di arte naïve, fresca, ingenua e diseguale: lo studente insofferente alle regole, che di malavoglia si applicava negli studi musicali tradizionali e sentiva la tecnica come una limitazione alla propria immaginazione, si trasformò poi in un compositore che rifuggiva le grandi forme, dedicandosi con gli anni sempre più esclusivamente al bozzetto lirico.

Ad indicare a Grieg la via verso la formazione del proprio stile fu senz’altro la lingua musicale materna del folklore norvegese, prima quasi dimenticato negli anni di studio Lipsia e in seguito riconquistato grazie all’amico Nordraak, compositore norvegese suo coetaneo e acceso nazionalista, che ebbe il grande merito di risvegliare in Edvard l’entusiasmo per la musica popolare della sua terra.

Superata la passiva imitazione dei modelli romantici tedeschi della prima sonata (op. 8), la seconda Sonata per violino e pianoforte mostra un’ispirazione assai personale grazie a un linguaggio nel quale i materiali sonori alternano momenti di accumulazione ad altri di giustapposizione. Non è un caso che il grande violinista Joseph Joachim si fosse interessato a questa pagina, sedotto dall’abbondante uso di motivi caratteristici evocanti le culture tradizionali e le atmosfere campestri tipiche nella scrittura del Grieg più maturo e ispirato. Con affascinante maestria di scrittura, a tratti virtuosistica, si succedono un Lento doloroso, dal quale nasce l’ampio Allegro vivace; poi un Allegretto tranquillo e infine l’Allegro animato che, pervaso da un’euforica vitalità, conclude il brano.

Uno degli esiti più riusciti della musica da camera dell’Ottocento è costituito dalla Sonata il la maggiore per violino e pianoforte di Cèsar Franck, dedicata al grande violinista belga Eugène Ysaÿe e composta nell’estate del 1886, quando il maestro di Liegi aveva 64 anni e si trovava nel periodo più felice della propria attività creativa. Capolavoro emblematico non soltanto dello stile del suo autore ma anche di un’intera epoca della musica francese, nella Sonata convivono e si intrecciano intensità lirica, elegante nitore della scrittura, culto e rigore della forma, gusto neoclassico e linguaggio armonico raffinatissimo, ispirato sia dal cromatismo wagneriano sia da ripensamenti modali, anelito all’organicità compositiva.

Caratteristica di quest’opera è la struttura in forma ciclica unita a continui scatti e accensioni di appassionato vigore, ampie pagine riflessive, pianissimi impalpabili e fortissimi di uniforme e compatta forza, un’alternanza tra livelli sonori opposti che probabilmente deriva dagli studi e dall’attività di organista di Franck, così come il trattamento preludiante a carattere improvvisativo, per il quale da una semifrase scaturisce uno sviluppo via via accresciuto capace di scardinare con forza le resistenze della forma sonata e di rendere violino e pianoforte due strumenti dialoganti tra di loro.

A denotare l’impegno costruttivo e l’ambizione della Sonata, che nella sua poderosità aspira a una dignità estetica paragonabile alla grande forma sinfonica, intervengono la ricercata varietà delle soluzioni formali e degli atteggiamenti espressivi dei quattro movimenti, ciascuno dei quali offre una propria definita individualità all’interno dell’insieme complessivo.

L’Allegretto ben moderato è una morbida berceuse, sorprendente movimento d’apertura: la forma è quella di una sonata senza sviluppo in cui la sezione centrale si riduce a una breve riconduzione, ma dal primo tema o piuttosto dagli elementi strutturali che lo compongono – l’intervallo di terza e un ritmo trocaico (lunga-breve) di grande effetto e fascino – deriva l’idea ciclica ricorrente dell’intera sonata.

L’Allegro successivo è il movimento più complesso ed emotivamente più intenso di tutto il brano, pervaso da un’inquietudine palpitante e da un’aura di tragicità, contenute dagli argini sicuri del classico disegno della forma sonata. Il Recitativo-Fantasia, è la pagina di maggiore originalità per concezione e struttura, nella quale Franck fonde in mirabile sintesi arte dell’improvvisazione, controllo della forma e afflato lirico. L’indipendenza dalle soluzioni formali codificate si risolve in un movimento tracciato con libertà inventiva, ma dall’architettura comunque limpidissima, le cui parti corrispondono a precise funzioni musicali ed espressive. All’inizio dell’introduzione-recitativo, andamento e scrittura sono di carattere improvvisativo, sottolineati dal motivo del pianoforte che manifesta, con assoluta evidenza, la derivazione tematica dall’idea ciclica: le frasi del pianoforte si avvicendano con quelle altrettanto rapsodiche del violino, fino a quando i due strumenti suoneranno insieme nel breve episodio intermedio (Molto lento).

Il finale Allegretto poco mosso, è liberamente strutturato come un rondeau alla francese in cui il refrain, ovvero il ritornello che si alterna agli episodi, viene via via riproposto in tonalità differenti, recando con sé il segno del contrappunto: il tema principale, dolce cantabile in la maggiore, è infatti un canone all’ottava tra violino e pianoforte, la cui linea melodica deriva ancora una volta dall’idea ciclica. Chiudono il movimento la ripresa del tema principale nel tono d’impianto, la maggiore, e la coda, sempre fortissimo, che ripropone la brillante sezione conclusiva del tema.